Cenni Storici

Le prime testimonianze di una presenza umana nel territorio di Roverè risalgono al Paleolitico e provengono dal Buso de la Catina (lame, nuclei discoidi, schegge e fauna wúrmiana), attribuibili a culture musteriane e dell'ultima glaciazione, da 130.000 a 70.000 anni fa.

Del periodo Neolitico sono invece i muri a secco ed i fondi di capanna con utensili e manufatti silicei, ritrovati sul Monte Capriolo, i resti della stazione preistorica del Recamao ed i manufatti in pietra della zona di San Rocco (tutti appartenenti ad un periodo che va dal 4500 al 2500 a.C.).

Dell'età del Ferro (1000 a.C. - II sec. a.C.) sono invece i resti di ceramiche ed i muri a secco del Monte Tresoro ed i cocci rinvenuti nei dintorni di San Rocco.

In epoca romana molte testimonianze sono state rinvenute a San Vitale e nei suoi dintorni: una statuetta in bronzo di Mercurio, monete, lapide appartenente ad una fortificazione militare, vasi di vetro, fibule, ecc.

Questi ritrovamenti testimoniano una fiorente presenza romana che probabilmente era estesa anche in altri siti del territorio di Roverè.

Successive testimonianze di presenze risalgono all'epoca longobarda con un documento dell'829 che parla del Parparo ed uno dell'833 che cita anche Porcara e Cantero.

"Roboreto" sembra essere la prima citazione di Roverè in un documento dell'866.

Si parla poi di Squaranto nel XII sec. ma non vi sono testimonianze di insediamenti stabili nella zona di Roverè: probabilmente i pascoli erano di pertinenza degli Enti ecclesiastici veronesi e venivano dati in concessione a pastori mentre i boschi della fascia centrale venivano dati in uso a boscaioli per tagliar legna e far carbone.

Bisogna arrivare al 1287 per avere il primo documento scritto che parla della zona di Roverè data in affitto dal vescovo di Verona Bartolomeo della Scala ad un gruppo di coloni tedeschi provenienti dal vicentino che vi si stabiliscono principalmente per produrre carbone con il numeroso legname presente (a questa economia si aggiungerà anche quella agricolo-pastorale).

La zona concessa, disabitata e deserta, è costituita da boschi e pascoli delle seguenti località: "Opledum, Roveredum cum quarcanteri (Roverè con Cantero) et caveroli, Plugninum, Cavriarum (Cavrara), et Cavrarolum (Monte Capriolo) cum valle grassa, Pontara (strada a Nord di San Vitale) et Salavorna (Salaorno)". Queste località sono comprese tra i confini "squarantum (Squaranto) qui venit de Zago et ferit ad pigocium (Pigozzo), a secunda parte Lexinum (Lessini) et Comune Veronae, a tertia Vellus sine curia Vellj (Velo e la curia di Velo) et a quarta contrate qui dicuntur Saline et Porcara, et a quinta Comune Moruri et Cancelli cum Varano (Moruri, Cancello e Varano) et alie, que omnia tradunt a Squaranto pigotij (vajo di Squaranto verso Pigozzo) usque ad Jllum de mecanis (Mezzane)".

Tale affitto è confermato nel 1376 dal vescovo Pietro della Scala e viene stipulato per 29 anni, rinnovabili, con Olderico di Altissimo ed Olderico di Vicenza, capi delle tribù tedesche provenienti dal vicentino (in seguito chiamati "timbri").

Il territorio viene così suddiviso in masi, mentre i coloni hanno obblighi di decima verso il vescovo, ma ottengono esazioni da dazi e prestazioni militari con il diritto ad un sacerdote di lingua tedesca.

Nel 1409, dopo che la presenza tedesca si era consolidata nel territorio, il comune di Roverè di Velo riesce ad acquistare i terreni di cui era affittuario: si tratta di 84 appezzamenti con 70 case (55 murate e con tetto di paglia, 9 di legno e con tetto di paglia, 6 non definite).

L'economia, oltre alla produzione del carbone vede fiorire anche l'agricoltura e la pastorizia.

Nel XIII sec. Roverè diventa anche parrocchia, mentre nel 1375 da essa si distacca Chiesanuova.

Nel XV e XVI sec. i coloni "cimbri" ottennero dalla Serenissima numerose esenzioni da tasse ed alcuni privilegi (tra cui quello di nominare un sacerdote di lingua tedesca) in cambio della salvaguardia dei passi di confine con il Tirolo (Pertica, Valbona e Falconi).

Questa parziale autonomia dei XIII Comuni Veronesi cessò completamente nel 1797 con la fine della Repubblica Veneta.

Anche la parlata e la cultura "cimbra" negli ultimi secoli si viene sempre più disperdendo, assorbita da quella italiana.

Il comune di Roverè di Velo mutò il proprio nome in Roverè Veronese nel 1908.

Il toponimo Roverè, contrazione di Roveredo, deriva da una estesa presenza del rovere (Quercus petrae) nella zona ed è oggi rappresentato anche nello stemma comunale.

 

CENNI GEOGRAFICI E GEOLOGICI

Situato al centro dell'altipiano della Lessinia in provincia di Verona, il comune di Roverè Veronese ha una superficie di 36,47 kmq e si allunga sulla dorsale compresa tra il vajo di Squaranto ad Ovest e la val di Mezzane con i Monti Casteche e Belloca e con il vajo di Revolto ad Est.

A Nord è delimitato dal Monte Grolla e dall'alto vajo di Squaranto, mentre a Sud dal vajo della Canova e dalla linea che congiunge le contrade Mire e Maso.

Confina con i comuni di Boscochiesanuova, Cerro Veronese, Grezzana, Verona, San Mauro di Saline, Velo Veronese e Selva di Progno.

Il suo territorio va da una quota minima di 293 m s.m. nel vajo di Squaranto ai 1573 m del Monte Pigarolo, presentando configurazioni morfologiche, geologiche e naturalistiche molto varie.

Dal punto di vista geologico questo territorio è costituito prevalentemente da rocce sedimentarie (calcari grigi, calcari oolitici, rosso ammonitico, biancone, calcari dell'eocene), formatesi nell'Era Secondaria (da 185 a 70 milioni di anni fa) e nel primo periodo dell'Era Terziaria (fino a 50 milioni di anni fa), ma vi sono anche affioramenti limitati di rocce eruttive, di tipo basaltico, formatesi nell'Era Terziaria (fino a 40 milioni di anni fa).

Le formazioni più antiche di calcari grigi del Lias (da circa 185 a 175 milioni di anni fa) sono particolarmente evidenti nel vajo di Squaranto e nelle principali incisioni vallive e si presentano di colore grigio con numerosi fossili di lamellibranchi, gasteropodi e brachiopodi, tra cui il comune Lithiotis problematica.

Sopra questi vi sono i calcari oolitici di San Vigilio (da 175 a 160 milioni di anni fa circa), di colore giallastro e ricchi di fossili di crinoidi, coralli e ricci di mare ed interessati da diffusi fenomeni carsici.

Viene poi la formazione del rosso ammonitico (da 160 a 135 milioni di anni fa), di colore rosso o rosato, con la presenza di numerosi fossili di ammoniti, particolarmente evidente nelle "città di roccia" assieme all'oolite.

Le dorsali ed i dolci dossi arrotondati, sono invece costituiti dal Biancone (da 135 a 85 milioni di anni fa), di colore biancoavorio, contenente numerosi noduli di selce ed interessato da carsismo di superficie (doline).

Le rocce eruttive, di tipo basaltico (da 60 a 40 milioni di anni fa), dovute ad eruzioni vulcaniche sottomarine, si possono rinvenire sui Monti Purghestal e Belloca e nei territori di San Vitale, Scardon e Masenelli.

Infine i calcari dell'Eocene, di colore bianco-giallastro affiorano nella zona del Monte Tresoro, mentre materiali alluvionali, di riempimento e di frana sono nelle doline e sul fondo dei vaj.

Tutte le rocce calcaree sono state modificate ed erose da vistosi fenomeni carsici di superficie (doline, inghiottitoi, "citta’ di roccia") o di profondita’ (grotte). Tra le prime sono da menzionare le doline dei Monti Pigarolo e La Frosca e di malga Camporotondo, quelle tra San Francesco e Camposilvano, tra Gardun e Sartori e tra Scardon ed Erbisti, nonche’ quella di Monte di Sopra. Per quanto riguarda le grotte, sono in tutto 26, tra cui quella di Monte Capriolo (vedi box dedicato nella home page).

Da ricordare, nel territorio di Rovere’ anche la presenza di marmi pregiati quali la "lumachella" o "grigio oniciato di S. Vitale", l’"occhio di pernice" di San Vitale, di colore grigio, giallognolo, verdognolo o violaceo, il "nero di Roverè’" di colore grigio e bluastro, il giallo di S. Francesco ed il marmo bianco e giallo di San Rocco.

 

Tratto da "Le contrade di Rovere’ Veronese" Centro Turistico Giovanile

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